Ieri un uomo è morto.
Fatto ordinario, dirai. Ed è vero. Ogni giorno sono centinaia di migliaia le persone che muoiono. Tanti per tragici incidenti, altri per omicidi, altri ancora per malattie. E alcuni si tolgono volontariamente la vita, sopraffatti dalla depressione e da un mondo che non è capace di aiutarli.
Ma l'uomo che ieri è morto è diverso da quasi tutti gli altri. Perché non era un uomo libero, nemmeno di morire. Era schiavo del suo stesso corpo inerme. Della sfortuna, anche, del fato che lo aveva legato ad un letto.
La sua volontà è stata rispettata, alla fine. E forse questo avrà delle conseguenze su chi gli era accanto.
Per alcuni è facile pensare che quella sia la soluzione migliore e che lo Stato debba essere obbligato a rispettare la decisione che ha preso.
Ma se già è difficile scegliere un panino al McDonald's, come può esserlo scegliere di morire?
Ogni persona è attaccata alla propria vita, perché è la sola cosa che possediamo veramente. Tutto il resto è un dono della vita stessa, dalle emozioni alle cose che ci circondano e di cui amiamo circondarci. E la vita è l'unica cosa di cui non possiamo fare a meno. Arrivare al punto in cui l'unico nostro desiderio è di perderla equivale a dichiarare il fallimento della nostra coscienza.
Lui ha scelto di mollare, soverchiato da una vita troppo dura, dal non poter più essere ciò che era, perché era ciò che faceva, non ciò che pensava, provava, donava attraverso la sua esistenza. Non ha scelto la strada più facile, come in molti hanno declamato con spregio. Perché ha reso la sua scelta, la sua volontà, pubblica, mediatica. Ha voluto, col suo ultimo gesto, diventare molto più di un inerme corpo.
Ma non pensare che tutti siano così. Non per tutti la vita è solo ciò che facciamo.
Io non so cosa farei, se fossi nei suoi panni. Perché vedere scorrere la vita attorno a me, senza poterla toccare, gravando su chi mi sta intorno di un peso che ti trascina a fondo, forse tanto vita non è.
Spesso si usa il verbo "andarsene". Ma morire è altra cosa. Perché non vai da nessuna parte, dopo.
Semplicemente non esisti più. E non amerai, non soffrirai, non avrai più fame o sete, freddo o caldo. Non riderai più di una battuta e non piangerai per una sconfitta. Non parlerai, non ascolterai più la voce dei tuoi cari.
Non penserai.
E da quel momento, solo da quell'istante, non vivrai più.
Lui è arrivato a quel momento dopo aver perso l'ultima cosa che rimane, la speranza.
La medicina fa ogni giorni passi da gigante. Curiamo malattie e traumi che solo pochi decenni fa erano mortali. La domanda, dunque è se domani trovassero una cura? Se domani lui avesse potuto tornare quello che era? O forse non la troveranno mai, lasciando migliaia di persone nell'illusione della speranza.
Non so se avrei il coraggio di morire come quell'uomo.
Ma so che ho il coraggio di vivere la mia vita più di quanto l'abbia fatto fino ad oggi.
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