giovedì 14 giugno 2018

Los Angeles Lakers 2018 recap

Ed eccoci al recap di fine stagione per i Los Angeles Lakers.

Partiamo dal fondo, ovvero dal record. 35 vittorie sono il doppio di quelle di due anni fa sotto Byron Scott, e più delle 26 (con tanking) dello scorso anno. Ma sono ancora del tutto insufficienti per una squadra che, come minimo, deve ambire ai PO.
Non può certo farlo con un roster del genere, ovviamente, ma la progressione è quella giusta ed il mercato dei FA da le possibilità per mettere al loro posto le ultime caselle rimaste.

Walton ha fatto un buon lavoro, IMHO, mantenendo ciò che di buono c'era in attacco e dando una sistemata in difesa (oRTG sostanzialmente invariato a 106, dRTG calato da 113 a 108), seguendo i dettami della pallacanestro moderna: cambiare su tutti i blocchi e quintetti tendenzialmente piccoli. L'attacco in verità è sembrato meno fluido, ma i giocatori nuovi erano tanti e schemi del genere non sono facili da implementare. Le sbandata (tipo i -37 contro OKC) non sono state molte, così come le sconfitte punto a punto. Per ora il giudizio è positivo, difficilmente si poteva fare di meglio col materiale a disposizione.

I rookie si sono comportanti nel complesso benino. A partire ovviamente da Lonzo, entrato in squadra in punta di piedi (nonostante il padre) ha mostrato ciò che ci si aspettava, ovvero un'ottima visione di gioco ottime doti di passatore. Quello che non ci si aspettava era un tiro da tre inizialmente preoccupante (leggermente messo a posto col passare delle partite, ma pur sempre insufficiente) ed una difesa più che notevole: il DRTG on/off è +3 mentre il DBPM è 2.5. In certi frangenti ha quasi bullizzato pariruolo di razza (Wall lo soffre tantissimo) e l'attitudine al lavoro difensivo è davvero encomiabile, nonostante lacune normali per un rookie.
Ci si aspettava molto da Kuzma e, tutto sommato, anche lui ha rispettato le attese. E' già grandicello per un rookie ed ha usato questa esperienza per guadagnarsi i gradi da titolare in brevissimo tempo. 16 punti a partita con buone percentuali da 2 e da 3, efficienza ai massimi livelli (non tira praticamente mai dalla media) e stamina come se piovesse sono i suoi tratti distintivi. In difesa purtroppo concede ancora troppo, perché è esilino come stretch-four e la mobilità è un po' quel che è. Cmq avercene...
Hart è il terzo incomodo tra i nuovi arrivati: probabilmente il più completo, con percentuali ancora migliori di Kuzma (ma con molti meno tiri) ed una difesa piuttosto buona sugli switch. Di certo non ha le spalle così larghe da prendersi addosso tutte le responsabilità dell'attacco, ma uscendo dalla panchina ha le capacità per reggere tranquillamente questi ritmi.
Ingram (quello giovane) ha mostrato una buona crescita, mettendo su qualche muscolo e aumentando la propria consapevolezza. E' molto lontano dall'essere il simulacro di Durant che ci si aspettava, ma i margini sono ancora inesplorati. Preoccupa un po' per il numero di partite giocate, un po' basso.
Quello che ha subito una vera e propria consacrazione è stato Randle: partito quasi ignorato da Walton, ha finito per essere la pietra angolare della squadra non appena compreso che giocare da 5 nello small-ball è il suo ruolo migliore. Ottimo a rimbalzo, stessi punti per partita di Ingram e Kuzma, ma quasi inarrestabile in area. Certo, il repertorio di finte sotto canestro è quasi inesitente (si affida quasi solo alla forza bruta) e spesso si incaponisce per voler terminare quando invece sarebbe utile far uscire palla dall'area intasata. Migliorasse sotto la voce assist sarebbe un perfetto Draymon Green dei poveri.
Tra le delusioni possiamo citare Clarkson, poi finito a Cleveland come tutti sappiamo. Non tanto per le prestazioni o i numeri (tutto sommato accettabili) quanto perché non ha dimostrato alcuna crescita rispetto agli anni scorsi. Tant'è che alla corte del Re ha dimostrato tutti i suoi limiti. Discorso simile per Nance: nonostante i suoi intangibles aiutino tantissimo la squadra, da quando è in NBA non ha mai mostrato segni di una crescita evidente, tanto da farmi pensare che ormai il suo ruolo sia quello di onesto mestierante in squadre di media classifica.
Delusione senza appello per Zubac: quello che di poco aveva sembrato offrire è scomparso e l'inettitudine è tutto ciò che sembra essere rimasta. E' grosso, ma nulla di più: non salta, non sa passare, non sa tirare, non lotta a rimbalzo e si fa mangiare in testa da chiunque. Il prossimo anno di contratto è non garantito, ma fosse per me sarebbe garantito che non lo prenda.

Il problema più grosso di questa squadra è stato il PG di riserva: con Lonzo in panchina la scelta tra Caruso e Ennis era come scegliere se perdere i coglioni o il cazzo. Caruso ok, voglia di fare e combattente nato, ma è poco meno di un Dellavedova sfigato. Ennis è invece quanto di più irritante possa esservi in un giocatore (a parte Rondo).

Lopez e KCP si accomunano per il contratto annuale faraonico utile a loro per riempire il conto in banca ed a noi per svuotare il capo l'anno prossimo. Hanno tutto sommato fornito le prestazioni che ci si aspettava da veterani come loro. Il primo è in evidente difficoltà contro roster piccoli, ma la sua pericolosità dall'arco e la buona propensione a darle e prenderle sotto canestro sono risultate utili. Pope è quello che sarebbe un buon 3&D, se non fosse troppo attirato dall'egocentrismo. Se non dovesse arrivare un big in estate, potrebbero vedersi offrire nuovamente un annuale a cifre spropositate (il che non è un male, a seconda dei punti di vista).

Preferirei non parlare di Deng e IT, per i noti motivi che inducono all'omicidio.

Menzione d'onore per Andre Igram, che dopo 10 stagioni in D-League, s'è giocato (e alla grande) le sue due partite tra i grandi. Ottenendo tra l'altro la miglior percentuale da tre di tutto il roster.

Ora il futuro si gioca sull'appeal. Le mosse di Magic e Pelinka per liberare il cap hanno funzionato, anche se resta la tegola Deng. Anche firmando Randle e senza giochini strani sul salario di Deng (stretch), restano comunque una sessantina di milioni con i quali giocare, in altre parole due big player.
Il problema, come detto, è l'appeal. Perché oltre ai soldi devi offrire concrete possibilità di vittoria per invogliare gente come PG o addirittura LeBron e, allo stato attuale, mancano ancora troppe tessere al puzzle per garantire per lo meno una finale di conference. Perché è quello di cui parliamo: se l'obiettiv è arrivare ai PO, George può pure rimanere a OKC, mentre abbiamo visto che James può arrivare alle Finals pure giocando da solo. Esclusi loro, l'unico che potrebbe offrire tangibili miglioramenti potrebbe essere Boogie, ma l'infortunio al tendine d'achille è un allarme rosso grosso come l'ego di Westbrook. Se quindi l'assalto ai primi due FA non dovesse portare a nulla, è probabile che l'anno prossimo si tornerà con un roster non molto dissimile dall'attuale, ovvero con due buoni giocatori strapagati per un anno e la speranza di crescere in casa un rookie d'elite.