venerdì 30 settembre 2016

Libero arbitrio

Ogni mattina arrivo in ufficio e trovo ad accogliermi questi pulsanti.
Servono a richiamare l'ascensore al piano così che io, obeso indefesso, possa accoccolarmici dentro.
I pulsanti, come vedi, sono due. Uno serve a comunicare all'ascensore che desideri salire, l'altro che invece vuoi scendere.
Due pulsanti.
Sembra semplice, no?
Evidentemente non è così, visto che la gente continua a non capirne il funzionamento.

Io mi immagino queste persone che si approcciano al complesso congegno, trovandosi di fronte a molteplici possibilità. Possono non premere alcun pulsante, attendendo ore che, per caso, l'ascensore giunga al loro piano. Oppure possono premere il pulsante corrispondente alla direzione che devono intraprendere.
Oppure, nel dubbio, li premono entrambi.
Ovviamente è superfluo che io ti racconti quale di queste possibilità si realizzi la maggior parte delle volte, nevvero?
Salvo che, poi, si lamentano dell'idiozia dell'ascensore che li porta al piano sbagliato, quando al contrario l'idiozia è di chi non sa utilizzare un sistema talmente semplice ed autoesplicativo.

Questo mi porta a pensare che il libero arbitrio sia sopravvalutato. L'essere umano medio non sa scegliere, o meglio, ha paura di fare la scelta sbagliata e, di conseguenza, le sceglie tutte o non sceglie affatto. E credo anche che chi è arrivato a presiedere all'attuale ordinamento si sia reso conto ben prima di me di tale caratteristica del genere umano. Non si spiega altrimenti l'indirizzo generale che tratta il cittadino come un lemming circondandolo di mille attenzioni e divieti, in modo da evitare che si faccia del male. Perché ognuno di noi è un potenziale aspirante ai Darwin Awards.

Qualche esempio: sui pacchi di sigarette appaiono minacciosi avvisi sulla cancerogenicità del contenuto, quando TUTTI sanno che fumare non solo non fa bene, ma fa proprio male; le auto ti avvisano con un cicalino se non agganci la cintura, come se all'auto interessasse qualcosa se il guidatore vuole o meno sopravvivere ad un incidente; per non parlare di roba come questa:

Poi penso allo Stato che non ti permette di suicidarti.

Voglio dire, una volta tanto che uno è consapevole di tutto ciò che è, di tutto ciò che sta passando, tu gli vuoi impedire di uccidersi?
Per quale motivo?
Tu sostieni di ispirarti a valori cristiani, così come la maggior parte del tuo popolo, eppure rinneghi quella stessa regola fondamentale cui Dio stesso si attiene in ogni sua azione.
Il Libero Arbitrio.
Veramente io prendo oggi a testimoni contro di voi i cieli e la terra, che ti ho messo davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; e devi scegliere la vita per continuare a vivere, tu e la tua progenie.
Deuteronomio 30:19 

Dio ti chiede di scegliere la vita. Non ti impone la scelta. Ma se Dio stesso non si arroga il diritto di decidere per gli essere che lui ha creato, come può una legge dell'uomo pretendere vita o morte dei suoi pari?
Perché da negare la morte a negare la vita il basso è breve. Si tratta sempre di abusare della libertà che devono avere gli uomini (e le donne, aggiungerebbe la mia prof di matematica del Liceo) di autodeterminarsi. Se credi in Dio, devi lasciare all'uomo la facoltà di sbagliare. Se non ci credi, a maggior ragione, devi consentirgli di fare tutto ciò che desidera senza che questo cagioni danno ad altri.
Non c'è alcuna scusante in questa assenza di diritto.

Se non che la considerazione che il popolo ha dei malati terminali è che essi non siano esseri umani.

giovedì 29 settembre 2016

NFL Week 3 - New York Jets at Kansas City Chiefs


Sei intercetti.
Roba che tante squadre ne fanno meno in un intero anno.
I Chiefs ne hanno fatti tanti in una sola partita.

La sintesi della serata sta in questo numero.
Il caro amico Fitz è sembrato, ad un certo punto impossibilitato a lanciare, visto che completava più intercetti che lanci. Eppure, nonostante questa larga vittoria, i lati oscuri nel gioco di Kansas City rimangono.

La partita
Dopo i primi due drive interlocutori, i Jets ripartono dalla loro prima yard, grazie ad un gran punt di Colquitt. Poi il primo intercetto. Sono passati 10 minuti e Peters riceve un lancio neppure troppo malvagio di Fitzpatrick. E' il terzo in tre partite, ma è solo l'inizio.
Ware e Hill guadagnano 13 yardes a testa, poi si entra nella zona Kelce: TD.
Il secondo quarto comincia con un fumble. Perché se gli intercetti alla fine saranno 6, ad essi si aggiungono altri due turnover. Ma l'attacco non punge e ci vuole il solito Santos, con un abbordabilissimo calcio da 27yardes per aggiornare nuovamente il tabellino.
Cosa che si ripete subito dopo, perché sulla sua rimessa in gioco, lo Special Team causa un fumble, non ricoperto ma preso al volo da Harris, per il secondo TD.
Fitzpatrick sembra sbloccarsi quando, con un lancio profondo per Anderson, guadagna 26 yardes. Poi il drive si ferma e i Jets sono costretti al calcio. Saranno gli unici punti della partita.
Smith ha due minuti al termine del primo tempo, bastano appena per una sportellata da Richardson e Williams.

 Il terzo quarto riparte con le squadre contratte. Kansas City tenta di controllare la partita, ma commette infrazioni a ripetizione. New York non ne approfitta, con Fitzpatrick che continua a lanciare per tentare il recupero.
Gli arbitri tolgono un TD sacrosanto a Ware, dopo un volo spettacolare in endzone. La cosa credo abbia fatto alterare non poco i Capi, tanto che le successive 5 azioni dei Jets termineranno con un intercetto, il quarto dei quali terminato meritatamente di forza e di determinazione in touchdown da Derrick Johnson.
C'è tempo solo per del garbage time, decorato dall'ultimo intercetto di giornata.

Il commento
Una vittoria è una vittoria, e con 16 partite a campionato non è che si possa stare a questionare sul come sia arrivata.
Ma è indubbio che la squadra soffra ancora di problemi sistematici all'attacco. Problemi che non so quanto possano risolversi con il rientro di Charles.
Kelce è ulteriormente salito di livello rispetto allo scorso anno, anche se commette ancora troppi offside. Ware è una grande sopresa, un RB che quasi completa più ricezioni che corse. E grande aspettativa anche per Hill, che al contrario ama partire da dietro e piazzare accelerazioni fantascientifiche che letteralmente bucano la difesa.
Ma spesso Smith non riesce ad innescare queste giocate, o si fa leggere troppo facilmente dalla difesa avversaria.
Aggiungiamoci un Maclin molto sorvegliato dagli avversari (ed a tratti un po' disattento) ed all'ingombrante presenza in tuta fuori dal campo di Jamaal, e troviamo le ragioni dei nostri problemi.

Quanto alla difesa, non riesco a discernere quanto sia merito nostro e quanto demerito dei Jets. C'è da dire che anche prima del quarto quarto da incubo di Fitzpatrick, la difesa aveva già completato un intercetto e due fumble, oltre a costringere i Jets ad un solo FG, per altro non semplicissimo.
Resta il problema sack, appena tre in tre partite (e zero contro i Jets). Vero, quando raccogli 8 intercetti, significa che in un modo o nell'altro i QB sono sotto pressione, anche se non quella tradizionale nella tasca.

Ma non mi sento molto tranquillo.


mercoledì 28 settembre 2016

Hai una sigaretta da offrirmi?


Un mio carissimo amico (che NON è quello in foto), perennemente squattrinato e semi-digiuno di figa, avevo questo detto per approcciare le ragazze. O a volte solo per scroccare una sigaretta.
Ma ho sempre trovato affascinante l'uso di queste specifiche parole. Mi piace pensare che abbia raffinato la sua richiesta in anni e anni di due di picche, fino a raggiungere il miglior risultato con il minor numero di parole possibile.
Non chiedeva "Hai una sigaretta?". E nemmeno "Mi offri una sigaretta?".
Ci sono mille modi per chiedere una sigaretta, ma questo in particolare non verteva tanto sul fatto che lui chiedesse una sigaretta, quanto sull'altro che potesse offrirgliene una. Nella richiesta infatti, non è esplicitata l'offerta in sé, quanto l'esistenza stessa della sigaretta in più da potergli donare.

La parafrasi delle sue richieste apparirebbe più o meno come "E' in tuo possesso una sigaretta di cui puoi fare a meno e che puoi gentilmente offrirmi di tua spontanea volontà?"

Inutile sottolineare come abbia sempre fumato (e non solo) praticamene gratis, in giro per i locali. E qualche volta ha trascorso qualche divertente serata in dolce compagnia.

Se oggi avesse ancora 20 anni, invece, tutto questo non sarebbe possibile.
Adesso c'è la sigaretta elettronica.

Che poi, sarebbe più corretto dire elettrica, poiché di elettronica ha ben poco (almeno non mi risulta abbia al suo interno un microcontrollore). Ovviamente il nome è frutto di una scelta di marketing, poiché "elettronica" è ben più figo di elettrica. Non è mica un ferro da stiro?
Beh, in realtà è molto più simile ad un ferro da stiro che ad un qualunque apparato elettronico, fosse anche la tua lavastoviglie.
Si tratta di una batteria, un pulsante ed un sottile filo di rame a costituire una resistenza. Tale filo, se messo sotto tensione, si scalda, fa evaporare il liquido contenente nella "sigaretta" ed il gioco è fatto.
Non vedrai mai qualcuno chiederti del liquido o una batteria di ricambio per la tua e-cig. Ed il mio amico non può più attaccare bottone con la scusa di una fumata. Un po' un peccato.

E se questo lo dico io, che non ho mai toccato una bionda in vita mia, è tutto un dire.

Ma c'è di più, perché il rischio "geek" della sigaretta elettronica è elevatissimo.
Ho visto gente cominciare ad utilizzarla al posto delle sigarette tradizionali, con la scusa del "fanno meno male", "voglio smettere", "posso fumare dove voglio", ecc...
Poi hanno cominciato a navigare su internet alla ricerca del modello più potente, con resistenza maggiorata e bocchino più grande. Poi hanno trovato quello più figo, con inserti in oro e vetro in cristallo. Poi l'immancabile accendino per sigarette elettroniche. Poi hanno trovato la batteria più grande, il contenitore più capiente, la custodia in pelle di daino ucciso da un cacciatore vegano. Ed infine hanno acquistato la collezione completa di fragranze da 300 flaconcini da un anonimo venditore cinese su Alibaba, che probabilmente l'ha prodotte con gli scarti derivati dalla costruzione degli iPhone.

Con il risultato che fumano il triplo di prima, spendono 10 volte tanto e si ritrovano il sangue contaminato da sostanze indicibili.

Senza contare che con una sigaretta elettronica, sembrano il doppio più imbecilli.

martedì 27 settembre 2016

Salviamo almeno le forme

Il titolo del post riprende un vecchio slogan anni 80 di una (nota) società di distribuzione di divani & affini.

Ti dirò la verità, non ho mai compresa appieno questo claim, forse perché ero troppo imbermbe per comprendere lo spot. Ma chissà perché mi è venuto in mente pensando a te.
No, non a te, a quell'altra.
Ecco si, sto parlando di te.
Sei una ragazza carina, non una top model, ok. Però hai un bel fisico, longilineo, sei alta, anche se quanto a seno la natura è stata piuttosto avara. Ma di certo non hai di che lamentarti.

Vorrei però che mi spiegassi per quale motivo non una volta in questi sei anni, NON UNA SOLA FOTTUTA VOLTA hai provato a vestirti decentemente per venire in ufficio.

Ora, io non sono un guru della moda (e nemmeno un modello) ed il mio outfit è, diciamo così, rivedibile. Ma, seppur raramente, tento di accostare maldestramente due colori, indossare una polo un po' più raffinata, una pantalone un attimo più attillato. E probabilmente nemmeno dovrei permettermelo, visto il fisico più simile ad un palla da rugby che da football.
Non dico che dovresti indossare chissà quale abito o pagare un make-up artist ogni mattina. E nemmeno di venire con i tacchi o con maglie volgarmente scollacciate. Ma tra questo e quegli anonimi jeans, quelle canottierine da scuola cattolica e le infradito sdrucite, credo si possa trovare una sintesi accettabile, non credi?

Lo so, stiamo parlando di frivolezze. Ma se nella vita non si ricercasse, anche solo raramente, il bello, sarebbe una vita grigia, monotona.
Se l'uomo non avesse a cuore l'estetica, la ricerca del bello come fine e non come mezzo, non avremmo nessun quadro da ammirare, ogni singola casa o palazzo sarebbe un anonimo cubo di cemento, vestiremmo tutti con una tunica più o meno corta, possibilmente grigia. E non esisterebbe la musica.
Questo sarebbe il mondo se non avessimo emozioni.
Ma il bello è tale perché è un'emozione. Una macchina non può capire cosa è bello e cosa non lo è perché la bellezza non è un algoritmo, non è una matrice di parametri che, se rispettata, rende qualcosa più o meno bello.
Certo, ci sono regole, linee guida, talvolta l'esperienza. Ma la bellezza è qualcosa di emotivo, non di logico.
E non capisco quindi perché, almeno una volta ogni tanto, tu non possa vestirti decentemente, guardarti allo specchio ed ammirare la tua bellezza, poca o tanta che sia. Non per il tuo compagno, per i tuoi colleghi o per i tuoi amici su Facebook. No, solo e soltanto per te stessa.

Comprendo che questo ufficio, probabilmente, non ne valga la pena. Che il tuo impegno sia riservato per occasioni ben più mondane e, se vuoi, soddisfacenti. Ma se mai hai avuto la voglia di venire a lavorare "tirandoti" anche solo con un dettaglio, forse questo non è l'ambiente in cui vorresti lavorare. Ed in cui dovresti passare 8 ore ogni santissimo giorno.
Perché io penso che l'unico motivo di questo tuo modo di vestire sciatto ed anonimo è perché non ti senti valorizzata, nel tuo lavoro quotidiano, da colleghi e superiori.
E non è un bel modo di vivere.
Spesso dalle tue parole sento chiaramente trasparire questo sentimento di insoddisfazione, di frustrazione.  Credi di non avere altra scelta. Io invece credo che tu debba metterti davanti ad uno specchio, non importa come sei vestita, e vedere le tre strade che hai di fronte.
Davanti a te la strada è dritta, con te che continui a digitare furiosamente su quella tastiera senza trovare gioia in quello che fai.
A destra c'è una strada tortuosa, buia, forse pericolosa. Quella che ti porta lontano da questo posto, verso occasioni che ora non vedi ma che ti farebbero, forse, più felice.
E poi c'è la strada a sinistra, dove pretendi rispetto e valorizzazione per il lavoro che fai, ti vesti ogni tanto per piacerti quel tanto che basta per sentirti ancora attraente.

Non perché donna, uomo, bella o brutto. No. Semplicemente perché lo devi a te stessa.

Un abbraccio.

mercoledì 21 settembre 2016

Buon senso

Ora, non è mia intenzione fare sciacallaggio su gente morta. Quindi non farò nomi e, anche se i riferimenti saranno chiari, non prenderò esempi tragici per spiegare il mio pensiero.

Questa è (era) la residenza di Barbara Streisand. Perché la metto qui? Lo scoprirai più avanti.

Il problema di oggi è la diffusione online di roba che non solo dovrebbe rimanere privata ma che, probabilmente, nemmeno dovrebbe essere creata.
Il consiglio più sensato che sentii dire (perdonami, ma non ricordo l'autore) è che non dovresti MAI scrivere, fotografare o riprendere qualcosa che non vorresti che tua nonna vedesse. Non pensare che che per il solo fatto di tenerlo custodito nel tuo smartphone o sul tuo PC qualcosa possa rimanere riservato. E non credere che nascondendosi nell'anonimato, prima o poi qualcuno possa risalire a te.
Non c'è verso, la tecnologia è molto più forte di tutti noi.

Decenni fa, se facevi una cazzata, di qualsiasi tipo, la cosa rimaneva tra te e pochi altri testimoni. Magari te la passavi un po' male per via delle chiacchiere di paese, ma dopo un po' la gente passava ad altro e la cosa cadeva nel dimenticatoio. E, soprattutto, le uniche tracce che restavano erano i ricordi incerti di chi aveva assistito.

Oggi, qualsiasi cosa succeda, tre minuti dopo c'è un video su YouTube, la news su ANSA e migliaia di like e retweet. Non c'è scampo. Solo i complottisti possono immaginare che l'allunaggio sia una farsa montata ad arte grazie al coinvolgimento di centinaia di migliaia di persone e che ognuna abbia tenuto il segreto, quando è sotto gli occhi di tutti che nessuno è in grado di tenere segreto neppure il proprio cesso.

Ho preso l'unica pixxellata. Ma non è difficile trovare ben di peggio.

Non sto parlando di cosa è giusto e cosa no, sia chiaro. Diffondere, o anche solo alimentare il clamore, su fatti evidentemente privati e spesso dolorosi è sbagliato, ingiusto e quasi sicuramente illegale.
E' una cosa simile alle violenze sessuali, quando i ben pensanti sostengono che si, stuprare è sbagliato, ma anche lei a mettersi la minigonna...
Ora, nessuno mette in dubbio che la violenza (contro una donna, uomo o bambino, con i vari livelli di gravità) sia odiosa e criminale, ma ogni evento va anche contestualizzato. Ognuno è libero di vestirsi come vuole, questo è innegabile, e nessuno deve avere il diritto anche solo di pensare che un determinato outfit possa giustificare alcunché.
Ma è anche vero che se giro per Harlem con un cartello con su scritto "Odio i Neri", non posso certo lamentarmi con la società se persone di colore evidentemente un po' stressate non la prendono bene.

Il cartello originale era pure più razzista.

Un discorso simile va fatto per tutto ciò che scriviamo, diciamo, registriamo, fotografiamo. Macchine fotografiche, videocamere, stampanti, è tutto roba disponibile a bassi costi da decenni. Ed anche internet, nonostante possa sembrare strano, permette di caricare qualsiasi documento online da sempre.
Ciò che è cambiato  è che condividere qualcosa online è questione di minuti e pochi tap, quando anni fa necessitava di acquisire, trasferire, convertire, pubblicare, spesso con la necessità di conoscenze tecniche non proprio alla portata di chiunque.
Oggi registri un video e lo carichi su YouTube con due gesti, poi lo condividi su Facebook e tutti lo possono vedere. Ed una volta che qualcosa è registrato su supporto elettronico, puoi star certo che prima o poi, in un modo o nell'altro, verrà fuori. E spesso nel momento meno opportuno.

Che sia per un ex geloso/a, per un banale errore (volevi mandarla al tuo partner, invece la metti in bacheca), per uno scherzo stupido di un amico o per "l'intrusione di un hacker" (metto tra virgolette perché di solito questo hacker o è un tredicenne che ha trovato la tua password per caso, o è una scusa per coprire il tuo banale errore di cui sopra), qualcosa che hai registrato potrebbe finire nelle mani di qualcun'altro e da lì in poi non sarà più sotto il tuo controllo, nemmeno se ti rivolgi alla polizia, alla giustizia, all'FBI, Esercito, CIA o Babbo Natale.
Al contrario, cercare di chiudere il recinto quando non solo i buoi ma anche i maiali, le capre, le galline e pure tua moglie, sono scappati, è ancora peggio. Parlo del famigerato Effetto Streisand: vorresti eliminare qualsiasi traccia dei tuoi "misfatti" (che magari è solo una foto del tuo inguine) "chiedendo che si dia inizio all'azione penale contro chiunque risulti concorrente di tutti i reati perseguibili e cioè della pubblicazione e distribuzione delle foto". 
Ora, ragazza mia, io comprendo che tu ti senta violata nella tua intimità, che ogni volta che scatterai una foto o che solo prenderai in mano il tuo telefono, un brivido ti scorrerà sulla schiena. E comprendo anche benissimo che cercare di combattere questa situazione ti fa stare leggermente meglio. Ma devi capire che, così facendo, non farai che rendere ancora più di pubblico dominio tutta la storia. La vicenda si amplificherà, molta più gente andrà morbosamente alla ricerca delle tue foto. Con il rischio che, se prima le vedevano qualche migliaio di persone frequentanti siti non proprio onesti, dopo le vede anche la casalinga di Bressanone tua vicina di casa.
E Dio non voglia che la denuncia vada avanti, o tra 2-3 anni ti troverai nuovamente ad affrontare tutto questo. Ancora. Ed ancora.

Ancora. Ed ancora. Ed ancora. Ed ancora...

Lo so, fa male, ma il modo migliore per affrontare questa cosa è lasciar perdere. Dovrai conviverci, probabilmente per il resto della tua vita, come se avessi perso un braccio in una mietitrebbia. Nessuno potrà dartelo indietro.

E' giusto? Ovviamente no, così come non è giusto che io porti un cartello razzista e venga ucciso a colpi di spranga. Ti sembrerà strano, ma il mondo è ingiusto e sarebbe alquanto stupido non cercare di sopravvivere non prendendone atto. Registrare un video o scattare una foto è questione di pochi secondi, ma quel video rimarrà nella rete per sempre

Davvero vorresti che i tuoi nonni (o i tuoi nipoti) lo vedessero?

lunedì 19 settembre 2016

Lungimiranza

Ieri si è disputato il decimo round del Mondiale Superbike 2016.
Come avrai capito dall'immagine di apertura, pioveva.

Gara 1 si è corsa come al solito (da quest'anno) al sabato, mentre gara 2, disputata il giorno dopo, è stata sospesa prima della partenza, poi è stato fatto un'altro warm-up lap, poi è stata sospesa ed infine è ripartita con meno giri da completare. Tutto questo a causa della pioggia.
Alcuni piloti si lamentavano perché sgommavano anche sul dritto (Hayden), cosa piuttosto normale quando piloti una moto da 230cv su una pista mezza allagata.
Altri erano intimoriti dall'eccessiva quantità di acqua sollevata dalle moto, che rendeva la visibilità nulla e riportava alla mente tragici incidenti non ignorabili.

Correre a settembre in Germania e sperare che non piova equivale a giocare alla roulette russa con una pistola automatica.

I volponi dell'organizzazione hanno stilato un calendario idiosincratico: hanno fatto tre gare di maggio per poi organizzarne solo due tra giugno e luglio, con i motori fermi più di 2 mesi (appunto da gara 2 di Laguna Seca, il 10 di luglio) per poi ripartire con due round europei a forte rischio maltempo (Germania, appunto, e Francia) in settembre e terminare il calendario con le due tappe di ottobre in Spagna e Qatar.

Io capisco che cerchino di fare le gare quando prevedono ci sia la maggior affluenza di pubblico, ma dubito fortemente che la gente assista volentieri ad uno spettacolo come quello di ieri. Tolto che, molto spesso, chi va alle gare SBK ci va in moto e non è granché contento di prendersi secchiate d'acqua dai tir per andare e tornare dal circuito.
E poi, parliamoci chiaro, le gare sull'asciutto sono molto più appassionanti, i piloti rischiano meno di cadere e spaccarsi qualche osso (Giuliano?) ed i valori in campo sono quelli reali, non quelli dettati dal livello di incoscienza di ognuno.

Senza contare che, con due mesi di fermo, l'appeal e l'interesse nel Campionato non possono che calare. Io che seguo le gare abbastanza assiduamente, quasi non ricordavo come stava messa la classifica. Non è certo questo il modo per rendere appetibile una classe che sta perdendo pezzi e seguito.
Non vorrei fare il complottista, ma sembra quasi che Dorna, dopo aver comprato il Campionato SBK (tramite Bridgepoint), stia facendo di tutto per sabotarlo. O, come vorrebbero alcune voci, per accorparlo al mondiale MotoGP.

Forse Ezpeleta è effettivamente lungimirante.

venerdì 16 settembre 2016

Il costo del rispetto


Una foto sfocata, probabilmente il frame di una ripresa video, un particolare sfuggito a quasi tutti. Un campo da football, uomini corazzati da armature in plastica e muscoli d'acciaio. Ed uno solo, di quegli uomini, seduto.
In questo post non si parla di sport, anche se si parla di sport.
In questo post parlo di rispetto.

Il numero 7 in maglia rossa è Colin Rand Kaepernick, quarterback dei San Francisco 49ers. Ed è seduto non perché stanco o infortunato, ma in segno di protesta.
Mi chiederai che protesta sia stare seduti ed è proprio qui che la storia si fa complicata.

Milwaukee, Wisconsin. Patria dei Blues Brother e di Fonzie (quello vero, non il nostro sovrappeso Presidente). Non sarebbe un brutto posto dove nascere, tranne che se tua madre, appena maggiorenne e senza un soldo, viene abbandonata da tuo padre prima che tu nasca. Lei bianca, lui nero. Nei tuoi geni è già presente tutta la contraddizione di un paese che adora gli afroamericani come dei del campo da football, sempre che abbiano evitato da giovani i poliziotti dal grilletto facile.
Kaep, come viene soprannominato adesso, viene adottato da una coppia appena nato e passa la sua infanzia in Wisconsin. Anche questo non è un brutto posto dove passare le vacanze, ma d'estate si superano i 40° e d'inverno si scende ben sotto i -20°. Ancora contraddizioni.
Colin cresce velocemente, è alto, grosso, veloce ed intelligente. Eccelle in ogni sport, è il tipo d'uomo che potrebbe fare qualsiasi cosa con il suo fisico. Ovviamente sceglie il football.
Non sto a farti la cronistoria della sua carriera, gente molto più esperta e brava di me ha scritto fiumi di inchiostro su di lui. Ti basti sapere che al suo secondo anno, entrando come sostituto del QB titolare Alex Smith, ha trascinato i 49ers al SuperBowl, poi perso per appena 3 punti. Kaep era il simbolo di quella squadra, di quella città e di tutto il Paese. L'ennesima storia di uno nato nelle peggiori circostanze che giunge ad un passo da sogno.

Oggi Kaepernick è in un baratro profondo. La carriera sportiva, dopo quel SuperBowl, è andata in calando, come una candela bruciata troppo in fretta. Ha perso il posto da titolare, la fiducia del nuovo allenatore e, probabilmente, anche della dirigenza. E' vero, ha un contratto fino al 2020 di 12-15 milioni di $ l'anno, ma la situazione non è per nulla rosea.
Colin lo sa benissimo, ma durante l'inno nazionale in una normalissima partita di preseason (un'amichevole, in pratica), non si alza. Comprende che, nella situazione in cui si trova, sta rischiando il suo futuro sportivo e personale. Non una parola, non un gesto eclatante. Semplicemente resta seduto al suo posto, fino a che l'ultima lunga nota di Star Spangled Banner non sfuma nell'applauso dello stadio.
Il gesto è così silenzioso e minimalista che solo un giornalista, accortosi della cosa, ne chiede lumi allo stesso Kaepernick, nella conferenza stampa dopo-partita. Ed è in quel momento che la cosa assume toni apocalittici per l'opinione pubblica americana.
Kaepernick conferma che non si è alzato durante l'inno poiché non può rispettare la bandiera di un paese che opprime i suoi fratelli neri solo per il fatto che sono neri.

La storia finisce di essere sportiva e diventa politica. Gli Stati Uniti si dividono nelle loro contraddizioni in fatto di censo, razza e diritti. Una parte lo accusa di non avere rispetto per tutti coloro che sono morti per quella bandiera, per le loro libertà. Altri lo sostengono per le sue posizioni contro quella che sta mediaticamente diventando un massacro di giovani neri.

Contraddizioni

Visto da questa parte dell'oceano, la questione sembra fin troppo semplice. Ma per gli americani l'inno è qualcosa di sacro. Ed a questo punto è necessaria un po' di storia. Il nostro inno, ad esempio, richiama a valori di unità, di patria, di storia. L'inno americano è invece dedicato alla loro bandiera. Perché gli Stati Uniti hanno una storia breve, non hanno un passato al quale richiamarsi, l'unica cosa che li unisce è appunto la loro bandiera. E non alzarsi durante l'inno equivale a non rispettare l'intero Paese. 
La loro bandiera e di conseguenza il loro inno è qualcosa di così connaturato nella loro cultura che difficilmente noi europei riusciamo a comprenderlo. Se guardata con attenzione, troverete l'immagine della bandiera a stelle e strisce ovunque, nei caschi, nelle maglie, sui tabelloni dei canestri, nelle spatole per girare gli hamburger. In certi stati, non avere la bandiera che sventola nel giardino davanti casa è peggio che essere segnalati come molestatori sessuali.


La risposta migliore a tutto questo clamore mediatico l'ha data infine un veterano di guerra. Non una persona famosa o influente, ma un semplice combattente. Ha risposto a chi gli chiedeva il suo parere da veterano sulla vicenda con un lungo post sulla sua bacheca che si riassume in due concetti piuttosto semplici.
Il primo è che il rispetto va guadagnato e mantenuto tale. Non si può obbligare qualcuno a portarti rispetto, o ciò che si otterrà sarà solo minor rispetto. Se Kaepernick non prova rispetto per il suo paese perché sente che non stia facendo abbastanza per la sua gente, è giusto che possa dirlo silenziosamente.
E questo è il secondo punto: tutti i veterani che hanno combattuto, tutti i giovani che sono morti, l'hanno fatto proprio per dare a lui la libertà di esternare il suo pensiero, che si può o meno essere in accordo, ma lui dovrà avere la possibilità di dirlo.

Questa è una differenza sottile tra il nostro modo di pensare una nazione ed il loro. Noi pensiamo che lo Stato dovrebbe darci il diritto di fare qualcosa, loro pensano alla libertà di comportarsi come credono. 

Il loro è il Paese più ipocrita del mondo, eppure è proprio su questa ipocrisia che si regge tutto il sistema. Ma non appena qualcuno incrina questa certezza diventa come un pettine che raccoglie tutti i nodi.
Tutti sanno che la violenza genera violenza, che ci sono interi quartieri dove crescere senza entrare in una gang è semplicemente impensabile, dove la polizia è talmente nevrotica da reagire con l'estrema violenza delle armi anche in situazioni ove non sarebbe necessaria. Ma pur di non comprimere una libertà per loro fondamentale (il possesso delle armi), preferiscono guardare dall'altra parte. E' in questa situazione che coloro che ne hanno la possibilità, stanno cercando di fare qualcosa affinché l'opinione pubblica lentamente ripensi alle proprie posizioni.

Carmelo Anthony, Chris Paul, Dwayne Wade e LeBron James.

Kaepernick non è stato il primo e non è stato l'ultimo. Pochi mesi prima di lui quattro tra i più famosi cestisti ha sostenuto un discorso toccante e accorato affinché le cose cambino. E prima di loro furono le Pantere Nere alle Olimpiadi del Messico (tra l'altro imitate pochi giorni fa da colleghi di Colin), Muhammad Ali prima di loro, e da tanti altri sportivi più o meno famosi.

Perché l'america bianca e repubblicana non vede di buon occhio gli afroamericani, se non quando giocano a football, a basket o vincono medaglie d'oro. E proprio loro hanno la possibilità e l'opportunità di cambiare le cose. 
Anche non portando rispetto al proprio Paese.

giovedì 15 settembre 2016

Los Angeles Lakers 2016 Preview


L'immagine di apertura non poteva che essere dedicata a lui, Kobe Bean Bryant (e se volete sapere il motivo di quel Bean [fagiolo] dovreste studiarvi la biografia del padre, o almeno il suo soprannome), detto Black Mamba (che per inciso è verde).
Dopo 20 anni, 1346 partite e 33643 punti, il buon vecchio Kobe ha appeso l'ossessione al chiodo e lasciato spazio e maglia (ma deduco non il numero) a giovani virgulti, incaricandoli di risollevare le sorti della scalcinata franchigia che sono diventati i Los Angeles Lakers.
Per la prima volta nella storia della NBA, infatti, i Lakers non sono approdati ai Play Off per tre anni di seguito. Inutile starne ad elencare i motivi (la storia in breve: la dirigenza ha puntato tutto su fenomeni sul viale del tramonto o giovani in fase calante, venendo puniti dagli infortuni), preferisco guardare al presente e soprattutto al futuro, vedere cosa c'è di buono e capire a cosa aspirare in questa imminente stagione.

Staff tecnico
Luke Walton, figlio d'arte sul campo e secondo in comando della rivoluzione Warriors, ha seguito il cuore (ed il portafoglio, probabilmente) per tornare nella città che lo ha visto dominare la panchina per anni. Ha condotto i Dubs all'avvio record, lo scorso anno, con Kerr fuori per infortunio (si, più o meno), ma i dubbi su quanto sia suo il merito e quanto di Steve restano. Ma Luke è un uomo intelligente ed ha approcciato la sfida con astuzia. Da lui tutti si aspettano che trasformi i Lakers in emuli di Golden State, ma molto dipenderà dall'attitudine del roster (anche se qualche indizio in tal senso è già stato fornito). In tutti i casi Walton è giovane (2 anni meno di Bryant, per dire), ha sempre avuto un'ottima comprensione del Gioco e di sicuro conosce bene l'ambiente di L.A., che può sì essere divertente e scintillante, ma anche stritolarti se non presti attenzione.

Si, mi riferivo a te...

Walton ha intuito di aver bisogno di un coach d'esperienza per gestire una squadra così complicata e lo ha trovato in Brian Shaw, anch'egli ex giocatore per il Lakers ed appena uscito dall'esperienza come capo allenatore a Denver. Accanto a loro altri assistenti, molti di essi legati in passato ai Lakers. Sembra dunque che l'indirizzo della dirigenza sia quello di portare figure che incarnano la filosofia della franchigia e che possano inserirla nel DNA del giovane roster. Le scelte fin qui fatte, sono state le migliori dalla firma di Pau Gasol nel 2007.

Guardie
Jordan Clarkson e D'Angelo Russel (autonominatisi "Swag Brothers") rappresentano il primo una scommessa per lo più vinta, il secondo l'all-in di una squadra che ormai ha poco da perdere.
Clarkson è una combo-guard scelta alla fine del secondo giro due anni fa, un vero e proprio steal nonostante abbia ancora tanto da dimostrare. Ha atletismo, buone doti di passatore e un tiro da tre piuttosto affidabile (tra alti e bassi stagionali). Il ball-handling è migliorato costantemente, ma la gestione del pick&roll è molto rudimentale. Non ho numeri sotto mano, ma lo vedo molto più efficiente in situazioni di catch&shot. Situazioni guarda caso spesso presenti nello small-ball di Kerr e, speriamo, anche in quello di Walton. Molto hype in estate, alimentato dai continui video dove lo si vede tirare più o meno da centro campo con canestri a ripetizione. Non male anche nell'attacco al ferro e nel tiro dalla media. Un attaccante a tutto tondo, dunque, ma con evidenti limiti difensivi. Viene sempre tagliato fuori dal bloccante e, nonostante l'elevata velocità, difficilmente riesce nel recupero. Non malaccio a rimbalzo, grazie alle doti di elevazione, ma rimane sotto la media.
Russel, invece, è più adatto al ruolo di PG, dato il fisico meno esplosivo (ma attenzione, quest'estate pare aver lavorato molto ed alla Summer League sembrava messo molto bene). Compensa con migliori doti intellettive, sia come passatore (a tratti divino) che nel p&r, molto efficiente lo scorso anno con Nance e Black (per fortuna entrambi confermati, ma ne parleremo dopo). Ottimo anche nel tiro da tre e saltuariamente in penetrazione (appoggia a tabellone molto bene). Migliorabile in difesa, ma ci sono indizi positivi in tal senso. Chiaramente rimane la testa il suo grosso problema. E' arrivato a L.A. a 19 anni ed ha dimostrato meno della sua età (vedasi Nick Young). Scott non è riuscito nello steso intento con cui ha plasmato la mentalità di Clarkson (pare che Scott non sia proprio l'ideale per allenare i rookie), ma speriamo che giocare accanto a gente di un certo tipo (vedi Deng, poco sotto) possa migliorare questo aspetto.

Never Forget.

Ali
Nello spot di ala piccola dovrebbe partire Luol Deng, arrivato dalla free agency con un contratto faraonico e soprattutto lunghissimo, e soprattutto con enormi interrogativi sulla tendenza della sua carriera. A Miami dicono sia finito, ma Deng ha in tutti i casi molte frecce al suo arco. Sopra tutte la grande etica, del lavoro e della vita (vedi fondazioni benefiche fondate, ecc...), ed anche l'enorme esperienza in squadre da titolo. Da un punto di vista tecnico, è un giocatore abbastanza completo, capace di difendere su più posizioni e di attaccare con continuità. Non è un grande rimbalzista, è vero, ma ha comunque un net-rating di +7 (lo scorso anno). Chi storce il naso per il quadriennale, deve però pensare in prospettiva dell'ulteriore aumento del cap che avverrà l'anno prossimo. Però si, terminerà il contratto a 35 anni.
Come power forward è invece confermato Julius Randle. Sfortunata prima scelta del 2014 (si è rotto la tibia dopo appena 15 minuti di gioco di regular season), Julius ha un fisico straripante, ottime doti di rimbalzista (che verranno comode accanto a Deng) e un tiro in sospensione decente. Purtroppo finisce tutto qui. Il p'n'r è inesistente, il gioco in post (nonostante il fisico) è del tutto acerbo ed il tiro è si appena sufficiente, ma non affidabile. Quest'anno deve confermare le potenzialità, dopo il suo vero primo anno da rookie, e soprattutto mostrare indizi di evoluzione, o resterà nulla più di un ottimo fisico scolpito.

"Possiedo cose che voi umani..."

Centro
Altro contrattone per il russo Timofey Mozgov, anche per lui un quadriennale da capogiro. La sua esperienza e le capacità di intimidire sotto canestro saranno utili, il gioco in post è sufficiente, ma se continuiamo il paragone con GS, non ha un decimo della visione di gioco di Bogut (ha una media di mezzo assist a partita in carriera...). Per lo meno, come ogni europeo che si rispetti, non soffre dalla lunetta e la sua eFG% è nella media. I più hanno accusato i Lakers di essersi mossi troppo presto e aver offerto troppi soldi per un giocatore poco più che mediocre. Forse è vero, ma la necessità era avere un centro affidabile, serio e di esperienza che apra la strada ai giovani panchinari (tra i quali un altro europeo di provenienza sovietica, guarda caso). E come rim-protector non è malaccio.

La Panchina
Sul pino sederanno rookie e giocatori di esperienza, ben shakerati. La seconda scelta assoluta Brandon Ingram è un'ala piccola da quasi tutti (tifosi e non) accostato a Kevin Durant. Fisico esile, è vero, ma grande tiro e braccia lunghe a intasare le linee di passaggio. A tratti ho sperato che Ben Simmons (la prima scelta poi andata a Philadelphia) fosse passato, ma più ci penso e più Ingram è la scelta giusta nel nostro contesto. E' un difensore migliore, un tiratore migliore e non ha necessità di maneggiare la palla. Simmons si sarebbe scontrato con JR e DLo, e qualcuno sarebbe dovuto andar via. Dovrà metter su qualche chilo di muscoli (ma non troppi) ed abituarsi alle sportellate della NBA, ma le aspettative sono molto alte. E poi è un bravo ragazzo.

Una foto pubblicata da Brandon X. Ingram (@1ngram4) in data:

L'altro rookie è Ivica Zubac, croato 19enne a tratti enigmatico. E' un centro di un certo peso (216cm e 120Kg), in Summer League ha dominato nel pitturato con stoppate a ripetizione. Arriva sostanzialmente gratis, ma i fan si aspettano molto (forse memori dell'exploit di Porzingis). Io lo vedo come un ragazzone cresciuto troppo in fretta, un centro atipico, forse vecchia scuola, ma promettente. Avrà minuti se perderemo tante partite, ma davanti a lui c'è anche Tarik Black, il classico centro grande e grosso, non ha grandi margini di miglioramento, ma il gioco in pick&roll è piuttosto buono e anche la mobilità non è male. Ovviamente gli va impedito di tirare a canestro, ma quando serve fisicità in campo, è un buon elemento.

E poi non ha il collo...

Discorso ben diverso per Larry Nance, Jr. Ennesimo figlio d'arte (ho perso il conto), è stata la grande sorpresa (capisci per cosa devo gioire?) del 2015. Ala forte (ma IMHO potrebbe giocare pure da stretch-4) con ottimi livelli di intelletto cestistico, un tiro con i piedi a terra fenomenale e ottimo propensione come rollante (il fatto che sia nativo di Akron, così come due che forse avete già sentito nominare, aiuta). Ho la sensazione che sarà tra i più propensi al sistema small (sempre che tale sia l'obiettivo di Ker....ehm, Walton). Nella Summer League, Nance è sembrato dominare letteralmente tutti nel proprio pitturato, è evidente come sia di un altro livello.
Nello spot di ala piccola, oltre a Ingram, c'è affollamento. Tolto Nick Young, che dubito scenderà in campo dato il Russell-gate (pare che ogni volta che D'Angelo entri in una stanza, tutti si affrettino a nascondere i cellulari), c'è l'enigma Anthony Brown, ottime doti da difensore ma in attacco semplicemente non è un fattore (ma se dovesse migliorare, sarebbe una gran presa - lo scorso anno, il differenziale con lui in campo è stato di +7.8), poi il cinese Jianlian Yi, arrivato con un contratto cosiddetto "creativo", con già un passato non proprio esaltante in NBA, ed infine Zach Auguste, undrafted che tanto male non ha fatto in Summer League (immagino una destinazione in D-League, per lui).

Tipo, se Antonio giocasse sempre così...

Lou Williams, arrivato come SMOY, porterà punti ed esperienza, soprattutto nei finali punto a punto. Spero che Lou se ne vada, perché merita molto più di una squadra ai minimi termini come questi Lakers. Ma finché il contratto sarà valido, non posso che  gioire per avere uno come lui in squadra. Purtroppo è uno che preferisce più avere la palla in mano che dettare il passaggio, quindi il suo rendimento in un sistema più collettivo è un po' un'incognita. Discorso opposto per Jose Calderon e Marcelino Huertas: giocatori abbastanza simili, entrambi di scuola europea (anche se Huertas è brasiliano), non grandi atleti (ad esser buoni) e senza margini di miglioramento, ma di sicuro di grandissima esperienza anche ad alti livelli ed in diversi sistemi, più o meno organizzati. Ipotizzo quintetti con Russell come PG e uno di loro in regia, per alcuni tratti di partita, se il binomio con Clarkson non dovesse decollare.

Aspettative
Inutile pensare ai Play Off (ma i miracoli accadono), soprattutto in un Ovest così competitivo. L'obiettivo è migliorare le ultime stagioni, quanto a record: un target un po' povero, lo ammetto, ma di questo dobbiamo accontentarci. La cosa importante sarà sviluppare i giocatori sia come singoli che come gruppo, capire se Walton ha la stoffa dell'allenatore e se è capace di infondere la propria visione nei giovani, se gli "anziani" sapranno dare il contributo in campo e fuori. E chissà, se magari tra qualche anno, queste radici avranno fatto presa nel parquet dello Staples o se ci troveremo ancora a rimpiangere lui...

Mamba out, Obama Out.

Trash talking

Il trash-talk è una forma di vanto o di insulto comunemente sentito in situazioni competitive (come eventi sportivi e videogiochi multiplayer). È spesso usato per intimidire l'avversario, ma può essere utilizzato anche con uno spirito umoristico e giocoso. Il Trash-talking è spesso caratterizzato dall'uso di iperboli, linguaggio figurativo, giochi di parole e prese in giro.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Io odio le parolacce. Davvero.
Non che non le usi, ma le considero una caduta di stile, se non proprio maleducazione. Un po' come sputare per terra o scaccolarsi. Lo fai, ma sai che non dovresti.
Attorno a me sento invece un continuo affidarvisi, come se un un discorso non avesse valore se non colorito da espressioni ingiuriose o bestemmie gratuite.

Sono un fottuto boy scout.

Non è un pensiero moralista, è più un fatto estetico. A maggior ragione, se ad utilizzare certe parole è una donna.
E' divertente il fatto che sia cresciuto e tutt'ora viva in Toscana, patria del moccolo come intercalare, ma questa mia avversione per il linguaggio scurrile non ne è affatto intaccata.
Vedo gente che si manda a quel paese (eufemisticamente parlando) per banali motivazioni di traffico, che è una delle cose più stupide che possano accadere. Poi si lamentano che girare in auto è stressante.
E' anche vero, però, che a volte un vaffanculo è liberatorio. Così come un bicchiere di vino, anche la parolaccia, se presa piccole dosi, può avere effetti positivi.

Come convincere un intero paese (evidentemente non messo tanto meglio del nostro) a prendersi per il culo da solo.

Nello sport esiste la pratica del trash talking, che è un'evoluzione del "parlar male": oltre ad usare un linguaggio non proprio accademico, si cerca di deconcentrare l'avversario attraverso l'utilizzo di offese, battute, denigrazioni. Il primo ad utilizzare estesamente questa tattica pare sia stato Muhammad Ali, ma oggigiorno è diventata cosa alquanto comune, in quasi tutti gli sport. Se ti stai chiedendo se in un contesto altamente professionalizzato come lo sport moderno essa possa avere effetti, guarda la seguente GIF:

Un Mondiale di Calcio ti sembra sufficiente quanto a effetto?

Nel football americano e nel basket, il trash talking si avvantaggia dei molti momenti morti tra un'azione e l'altra, ma anche nel baseball è prassi comune scambiarsi gentili complimenti tra catcher e hitter. Come già mostrato, anche il calcio non ne è esente, anche se se ne parla sempre poco, forse la nostra cultura preferisce trattare questo sport come se fosse su un piedistallo (anche se di calciatori educati ne conosco ben pochi).

Eppure immagino uno sportivo di un'altra classe, che risponda alle offese con un sorriso, una mano tesa e tanto affetto.

Esattamente così.

Lo so, sono un un fottuto boy scout.

mercoledì 14 settembre 2016

Pimp my Barbecue

Anni fa MTV trasmetteva la serie Pimp My Ride che, oltre a farmi conoscere la West Coast Custom, accendeva sempre la mia inventiva. Altra fonte di ispirazione, nel corso degli anni, fu la sezione Modding (il corrispettivo del tuning per i PC) del forum PcTuner, ormai disabitato.
Dopo aver ricevuto per Natale ed utilizzato con molto gusto questo barbecue a gas, ho capito che funzionava si piuttosto bene, ma che aveva ancora diversi margini di miglioramento, sia nella cottura che nell'ergonomia nel suo complesso.
Durante l'estate, sopratutto nelle meritare ferie, ho messo in atto alcune modiche che, se anche dal punto di vista estetico lasciano a desiderare, dal punto di vista funzionale sono un enorme successo.
All'inizio volevo postare questa guida su Instructables.com, avevo trovato una tizia che aveva accettato di tradurlo in inglese, poi non l'ho più sentita. Quindi eccola qua, in lingua italica.


Sul mercato sono presenti numerosissimi barbecue a gas (GPL/metano) economici (<300€). Ovviamente non sono paragonabili, come qualità e funzionalità, ai barbecue di "marca" (che, come minimo, costano 3-4 volte tanto).
Con un po' di manualità è possibile però migliorarne sia l'ergonomia che il funzionamento, il tutto al costo di qualche bistecca!
La guida è strutturata su più livelli, dalle modifiche più economiche e facili (che può compiere chiunque) a quelle più complesse e costose.

DISCLAIMER
L'utilizzo di bombole di gas e di fiamme libere costituisce un pericolo per sé e per gli altri. Questa guida (e chi l'ha scritta) non si assume alcuna responsabilità per l'utilizzo che verrà fatto delle informazioni in essa contenute, né da possibili danni che un uso non corretto dello strumento in esso descritto può causare
Cominciamo


Lista della spesa

Barbecue 4+1 fuochi in alluminio (230,00€)
Griglia in ghisa smaltata 38x44cm (14,90€)
Treccia guarnizione per camini/stufe 3m (3,00€)
Occhielli con vite e foro da 12mm 4pz (4,00€)
Tondino in alluminio 10mm 1m (4,35€).
Tubo alluminio quadrato 15x15mm 1m (4,05€)
Lamiera acciaio 200x1000mm (5,45€)
Profilo U Alluminio 19,5mm 1m (4,25€)
Compensato marino 30x40cm 1,5mm (4,00€)
Pomelli ottone 4pz (10,00€)
Friggitrice elettrica (39,90€)
Viti varie
Pellicola alluminio per alimenti

Attrezzi Utilizzati
Cacciavite piatto ed a croce
Chiavi inglesi
Pinza
Smerigliatrice angolare
Colla


Analisi
Il barbecue in oggetto è un buon prodotto, solido nonostante la leggerezza dell'alluminio di cui è interamente costruito, ma resistente e funzionante.
I principali problemi derivano dall'ergonomica (dove appoggiare gli utensili?) e dalla scarsa capacità di trattenimento del calore (l'alluminio è un ottimo conduttore di calore, dunque la struttura dissipa molto bene il calore dei bruciatori invece di trattenerlo per la cottura).

Step 1: Pellicola d'alluminio


Come prima cosa vi consiglio di foderare il fondo del barbecue con la pellicola d'alluminio.
In questo modo il calore verrà riflesso verso l'alto e si creerà uno strato d'aria che renderà più difficile al calore di propagarsi sotto il barbecue (lasciando tra l'altro il vano inferiore con una temperatura nettamente inferiore).
Questo significa minori tempi di pre-riscaldamento, minor consumo di gas e temperature più elevate. Inoltre pulire il barbecue sarà più semplice, perché basterà rimuovere e sostituire la pellicola se troppo sporca.

Per prima cosa, rimuovete la vecchia pellicola, se già presente (video).
Poi, con la parte lucida rivolta verso l'alto, srotolate attentamente il rotolo al di sotto dei bruciatori, facendolo scorrere lungo tutto il fondo fino ad arrivare all'altro lato. Lasciate un po' che la pellicola salga verso l'alto, in modo da rivestire anche le pareti.
A seconda della dimensione della vasca, è probabile che dobbiate fare almeno due strati.
Ricordate di fare i fori per la ventilazione, pena lo spegnimento della fiamma e pericolose fiammate quando aprirete il coperchio.

Step 2: Piastra di ghisa


Altra modifica semplice è stata posizionare una piastra di ghisa sul ripiano superiore.
La piastra è un ottimo buffer per il calore, contribuisce inoltre alla cottura della parte superiore del cibo (quando il coperchio è chiuso) ed amplia l'area utilizzabile, poiché è possibile cuocere diverse pietanze sulla sua superficie mentre altre cuociono sulla griglia (di solito la uso per cipolle, funghi o per tostare il pane).
La piastra è inoltre removibile in qualunque momento per lasciare il ripiano superiore libero o per utilizzarla direttamente sui bruciatori.

Step 3: Vaschetta raccogli grasso


Per come è concepito, i succhi di cottura colano nella vasca e finiscono per sporcare tutto ciò che sta nel ripiano inferiore.
Ho cercato un vassoio di metallo delle giuste dimensioni, ma non trovandolo, ho ripiegato su due vaschette usa e getta. Ho rimosso il coperchio ed il braciere, ho poi legato un profilato in alluminio (un vecchio pezzo dei pensili della cucina) con del filo di ferro alla giusta altezza perché le vaschette vi si appoggino sul retro, mentre nella parte anteriore si poggino sulla traversa anteriore del barbecue, rimuovendo l'inutile bicchierino che dovrebbe raccogliere proprio questi liquidi.
Oltre a mantenere pulito il barbecue, questa vaschetta è un ulteriore barriera che mantiene il calore nella parte superiore.

Step 4: Pomelli


Ho utilizzato il pannello di sinistra per montare dei pomelli da cassetto. Ho acquistato quelli che più si avvicinano allo stile del barbecue.
Ho misurato lo spazio disponibile, prendendo la metà del lato più piccolo e di quello più lungo e tracciato la linea di mezzaria del pannello.
Ho poi equidistanziato i fori, forato con una punta per metallo ed installato i pomelli. Ho dovuto sostituire le viti poiché troppo lunghe.
Potete usarli per i guanti, gli asciugamani o per appendere gli utensili.

Step 5: Barre porta utensili


Per questa modifica ho utilizzato una barra di alluminio piena da 10mm e due anelli con vite da 12mm.
Ho calcolato la metà del bordo laterale dei due ripiani, lasciato circa 2cm di margine dal fronte e dal retro e forato con punta per metallo.
Ho utilizzato due bulloni per anello, in modo da lasciare la giusta distanza per poter inserire gli utensili.
Prima di serrare i bulloni esterni ed interni, ho tagliato a misura la barra ed inserita nei due anelli. Dopo aver stretto i bulloni di entrambi gli anelli, la barra rimane autonomamente in posizione per via della leggera rotazione dei supporti.

Step 6: Friggitrice


La friggitrice che ho acquistato è economica ma dotata di termostato, cestello e soprattutto si intona con lo stile del barbecue!
Il problema è che occupava permanentemente il ripiano di sinistra.
Ho quindi realizzato un piano di sostegno ove riporla quando non utilizzata.
Ho tagliato a misura il profilo ad U, l'ho fissato alle due gambe di sinistra tramite viti e bulloni.
Ho poi realizzato due traverse con tondino quadrato, fissandola sia alle barre ad U che alla paratia del barbecue.
Ho poi tagliato il pannello di acciaio a misura ed incollato al ripiano di compensato marino che ho poi inserito all'interno del profilo ad U.

Step 7: Isolamento

Come detto, l'alluminio è un materiale resistente alla corrosione e molto leggero. E' però anche un ottimo conduttore di calore, capacità che rende meno performante il barbecue.
Per ovviare a questo ho acquistato una treccia in tessuto resistente ad alte temperature, usata come guarnizione per camini e stufe.
Ho smontato il coperchio del barbecue, poi ho steso un striscia abbondante di silicone per alte temperature (fino a 350° per massimo 1 ora) e posato delicatamente la treccia, senza tirarla.
Dopo l'asciugatura del silicone, ho rimontato il coperchio e ho stretto le viti di fissaggio con il coperchio chiuso, in modo da garantire la chiusura perfetta.
In tal modo non solo ho migliorato la velocità di pre-riscaldamento, la temperatura massima e ridotto l'utilizzo del gas, ma ho anche migliorato la tenuta del fumo (quando utilizzo il barbecue per affumicare).
Prestate attenzione a non chiudere completamente il passaggio di aria, o potreste causare lo spegnimento della fiamma con conseguenze molto pericolose!

Step 8: Nuova griglia in ghisa


La griglia standard è costituita da piccoli tondini in acciaio e la qualità della stessa è molto bassa.
Ho trovato una griglia in ghisa smaltata, con maggior capacità di assorbire e rilasciare calore, ma purtroppo non della misura adatta dal mio barbecue.
Ho quindi smontato la vasca inferiore, smontato il coperchio (in realtà era già smontato per lo step precedente) e forato con una punta per metallo subito sotto i supporti originali.
Ho utilizzato tre viti per bullone: la prima serve per serrare il bullone/supporto alla vasca, mentre le altre due (dado e controdado) servono a regolare la giusta posizione della griglia, in modo che non si muova una volta posizionata.
Per lo spazio rimanente ho tagliato una piastra in ghisa dell'esatta misura.
In questo modo ho la possibilità di usare diverse combinazioni, che vedete in figura.
Con la griglia standard ho il massimo dello spazio a disposizione, utile con tagli non troppo grossi (le classiche grigliate domenicali).
Con la griglia in ghisa posso utilizzare la piastra (per cuocere le verdure o tostare il pane) oppure l'affumicatore (che si posizione subito sopra l'ultimo bruciatore).