giovedì 6 ottobre 2016

NFL Week 4 - Kansas City Chiefs at Pittsburgh Steelers


Allora, ricapitoliamo.
Fumble, intercetto, punt fuori campo, field goal sul palo, TD su ritorno annullato, downs.
Più o meno il riassunto della partita in meno di una riga.
Tutto quello che di negativo (escluso infortuni) può succedere ad una squadra in una partita di football, è successo ai Chiefs domenica scorsa.

E' chiaro, non è una scusa per la sconfitta, avremmo perso in qualunque caso. Troppo forti gli Steelers e troppo scarsi noi, sia in attacco che, soprattutto, in difesa. Amnesie difensive ingiustificabili, intensità nei placcaggi, per così dire, rivedibile, drop incredibili e scarsa attenzione sui blocchi.

Da tifoso l'unica cosa che posso è aggrapparmi alla speranza che tutta la negatività si sia concetrata in quest'unica partita, che le pessime condizioni meteo (e del campo) abbiano negativamente influenzato la nostra prestazione e che, soprattutto, serva di lezione ad una squadra che non sta assolutamente rispettando le aspettative.

Nota positiva il rientro di Charles, anche se con esiti dimenticabili. Male tutti, con piccole menzioni d'onore a Ware e Hill. Ma nemmeno loro arrivano alla sufficienza (e forse nemmeno al 5).
Se non cambia qualcosa, i Playoff sono un miraggio.

martedì 4 ottobre 2016

Riserva dei panda


Crescere un bambino, pensare alla sua educazione ed alla sua salute, può essere distopico. Ti ritrovi quasi tutti i giorni ad imporgli scelte che vanno contro la sua volontà: studia anziché giocare, mangia le verdure anziché hamburger e patatine, vai a letto presto, non toccare i fili scoperti dell'alta tensione...
Tu sai benissimo che ciò che sei costretto ad ordinargli è per il suo bene, perché sei conscio delle conseguenze del contrario. Se non studiano, non avranno un futuro, se non mangiano correttamente, avranno problemi di salute, e così via. Lo sai perché hai passato gli ultimi 20-30-40 anni della tua vita a comprendere che ogni azione e comportamento ha delle conseguenze, alcune immediate (toccare i fili della corrente comporta una scossa), altre a lungo termine (se mangi ogni giorno da McDonalds diventi come Giuliano Ferrara).

La cosa potrebbe avere un suo perché.

Crescendo, parallelamente scopri che non tutti hanno invece questa consapevolezza. O meglio, anche loro continuano a dire ai figli di mangiar bene e non giocare con il 220v, ma poi hanno un orizzonte temporale di non più di 10 minuti. A volte pure meno.

Una certa frangia di femminismo sostiene che le donne debbano essere uguali agli uomini, con gli stessi diritti e gli stessi doveri. Anzi, devono essere PIU' uguali, perché devono avere gli stessi diritti degli uomini, ma non viceversa.
Un mio caro amico vede sua figlia per un'ora al mese, davanti agli psicologi, senza aver mai fatto nulla di male, né a lei né alla ex-moglie. Ma ella ha il diritto di negarli ciò che un giudice ha contrariamente deciso, ovvero l'essere padre nonostante non sia più un marito. Puoi credermi o meno, ma questa è la verità. E se pensi che possa essere un caso isolato, ricrediti.

Le donne vogliono essere tutelate, ma non in quanto madri, lavoratrici o cittadine, ma in quanto donne. Può sembrare sofistico, ma non c'è nulla di più razzista nell'esigere protezioni speciali solo per il fatto di essere nate femmine. 

Devi sapere che tanti anni fa, in un'epoca nella quale ancora Facebook non esisteva, frequentavo l'Università. Ingegneria Informatica, per la precisione. Non è un dettaglio da poco, perché già tra le aule di Ingegneria le donne sono una presenza rara, ma in quel particolare corso erano meno frequenti di un rinoceronte bianco.
Sul 150 matricole, c'erano 4 ragazze.

Una foto dell'epoca.

Ricordo perfettamente gli sguardi di quasi 300 occhi puntati su quelle, in media, non attraentissime donzelle, che pure avevano fior di capacità di arrivare laddove il 75% dei loro compagni (me compreso) non sarebbero arrivati, ovvero a discutere la tesi.
Un giorno arrivò un rappresentate della Cisco, azienda leggendaria nel comparto informatico. Un luogo dove, non lo nego, avrei sognato di lavorare. Il markettaro fece un grande pippone sul futuro di internet e sul ruolo leader della sua azienda. Era come vendere birra nel deserto: eravamo tutti estasiati e pendenti dalle sue labbra.
Infine terminò esponendo un particolare corso di formazione, aperto a 10 alunni, scelti tramite una prova scritta. Solo i più meritevoli avrebbero avuto l'opportunità di parteciparvi. Poi aggiunse che metà dei posti, per quelle che oggi sono nominate "quote rosa", erano riservati a donne.

Non ci vuole un genio della probabilità per capire come 146 maschi dovevano contendersi 5 posti, mentre 4 femmine potevano pure lasciare il foglio in bianco. Ma se desideri due numeri eccoli: io avevo il 3,4% di possibilità di passare il test, una qualunque di quelle ragazze ne aveva il 125%.
Ovvero sarebbe passata anche contro la sua volontà.

Tutto questo ti sembra equo? Ti sembra un modo per rispettare quelle ragazze per le loro capacità? Oppure dava loro un'opportunità pressoché unica solo per il fatto di essere nate con la vagina anziché con il pene?


Questo è valido in ogni aspetto della vita. Non puoi discriminare, seppur a fin di bene, le donne dagli uomini per dare alle prime maggiori opportunità solo per diritti di nascita. Tutto questo è immorale, soprattutto nei loro confronti. Oltre ad essere incostituzionale, tra l'altro.
Poteva avere un senso 50 anni fa, forse, ma oggi è talmente anacronistico che, fra pochi mesi, con ogni probabilità la prima donna prenderà il posto del primo nero nell'ufficio più influente del mondo, senza avere avuto la necessità di avere la strada spianata per via del suo organo riproduttivo.

Mi dirai che ci sono poche donne a manovrare le leve del potere. E sarà anche vero. Ma siamo sicuri che il motivo sia il maschilismo imperante? O magari le donne sono, in media, meno interessate degli uomini a impegnarsi in certi ruoli? Perché allora non dovrebbero trovare scandalo se qualche uomo desideroso di potere programmi un viaggio a Casablanca.
Perché non sento alcuna difendere la necessità che la metà dei lavoratori del settore edilizio debba essere donna? Oppure che almeno il 50% degli scaricatori di porto possa indossare tacchi alti e minigonna? E non sarebbe più equo, a par suo, riservare la metà delle cattedre del sistema scolastico pubblico al sesso maschile?
Non si tratta di maschilismo o femminismo. Si tratta di difendere i propri diritti. Perché se è pur vero che molto spesso le donne non godono dello stesso trattamento di cui godono gli uomini, questa non può essere una giustificazione per scadere nella situazione opposta.


Il punto è che le donne e gli uomini NON sono uguali. I due sessi hanno caratteristiche diverse, attitudini diverse, esigenze diverse. Se per una donna il diritto alla maternità è sacrosanto e dev'essere difeso, è anche vero che il diritto alla paternità dev'essere tutelato anche (e soprattutto) in quelle situazioni dove esso è in pericolo.
Non è una questione di numeri, di posti riservati. E' una questione più grande, perché gli uomini e le donne NON DEVONO avere gli stessi diritti, perché NON SONO UGUALI. I diritti devono essere commisurati alle necessità di ognuno, necessità che variano perché diverse sono le esigenze connaturate al sesso. Se per un uomo sollevare 20Kg di solito non è un problema, per la donna quasi sempre lo sarà. Giusto quindi che la legge preveda diversi limiti per i due sessi. Similmente sarebbe poco utile per un uomo avere mammografie gratuite, non credi?
Le donne devono avere diritti simili agli uomini, non gli stessi o maggiori. Perché a rincorrere la forzata parità ci troveremo nella spiacevole situazione nella quale saranno gli uomini ad essere discriminati in quanto tali.
E se in alcuni ambiti il mero numero di donne è inferiore al numero degli uomini, o anche viceversa, è ingiusto e ingiurioso creare riserve indiane discriminatorie.

Perché una volta entrato i un recinto, devi essere consapevole che potresti non uscirne più.

sabato 1 ottobre 2016

Brividi


Nel 1970 viene introdotta la legge Fortuna-Baslini, il dimenticato Jochen Rindt vince il campionato di Formula 1 davanti a Jacky Ickx e mia madre conosce mio padre.
A Londra, invece, viene registrato il Concept Album di Jesus Christ Superstar.
Poco dopo l'inizio del quarto brano, Everything's Alright: non è tra i più famosi, e forse nemmeno tra i migliori. Ma quella che entra in scenda dopo poche decine di secondi è la voce di Judas, interpretata da Murray Head. Non minimizzo se sostengo che è uno degli attacchi più belli non solo dei musical, ma di tutta la musica leggera di sempre.
Ascoltarlo, mi genera ogni volta brividi lungo la schiena. Non sto scherzando. OGNI SANTISSIMA VOLTA.
Woman your fine oinment - brand new and expensive
Could have been saved for the poor
Why has it been wasted? We could have raised maybe
Three hundred silver pieces or more
People who are hungry, people who are starving
Matter more than your feet and hair
Jesus Christ Superstar (Original Concept Album) 

In queste poche strofe è raccolto quasi tutto il senso del musical, il conflitto interiore di Judas tra la sofferenza terrena del suo popolo e la presenza divina di Jesus, tra il bene immediato e quello eterno.

Head non è, e non è mai stato, molto famoso. Nulla di paragonabile al collega che interpretò proprio Jesus in quello stesso album, Ian Gillan.
Che, se non sei avezzo di musica rock, è il cantante di un certo gruppo piuttosto conosciuto chiamato Deep Purple.
Ho avuto la fortuna di assistere dal vivo ad un loro concerto, durante una giornata del Pistoia Blues, nel 1999. All'epoca Internet non era quella che è adesso, e di certo Wikipedia non esisteva. Seppi solo quella sera, quindi, che Ritchie Blackmore aveva lasciato definitivamente la band solo pochi anni prima. Per carità, Steve Morse non era un fermone, anzi. Ma per me, cresciuto con videocassette malamente doppiate di concerti dei Deep Purple in formazione classica (ma io direi "vera"), quella fu una batosta.


L'esperienza di quel concerto, fu scioccante. Ma non fu solo il concerto. Il Pistoia Blues è qualcosa che va (andava?) ben oltre il semplice concerto in piazza. Appena sceso dal treno, a pochi metri dai binari, un gruppo di sconosciuti con batteria, basso e chitarra già emanava il classico trittico di accordi blues. Uscito in strada, un'altro tizio con chitarra e armonica accompagnava una ragazza nell'ennesima interpretazione di I'll Take Care Of You. La cosa si ripeté per tutto la strada verso la piazza centrale. Gente super attrezzata, con amplificatori, casse, batterie iper-mega e microfoni da migliaia di lire (all'epoca ancora non c'era l'euro, per dire quanto sono vecchio). E poi c'erano tizi che con uno zoccolo, una ciabatta ed un'acustica scordata impersonavano la perfetta espressione del blues.

La serata cominciò presto, con gruppi ed artisti sconosciuti e sconoscibili. Dopo i mancabili gruppi spalla salì Lucky Peterson, che forse rappresentava l'unico vero bluesman che avrei sentito per tutta la serata. 
Poi arrivò Jonny Lang. Lo ricordo bene perché, in pratica, aveva la mia età ed apriva il concerto dei Deep Purple. Quando si dice essere arrivati.
Io ero già stanco, attorno a me c'era più droga che nella villa di Escobar e ne avevo piene le palle del blues.
Ma dopo qualche decina di minuti di attesa, le note di Smoke On The Water ripagarono ogni singolo faticoso minuto speso per arrivare lì.


Stesso posto, 9 anni dopo. Ma 9 anni, per i Deep Purple, equivalgono a 9 mesi di un essere umano.

Che poi, a dirla tutta, nemmeno adoravo i Deep Purple. Cioé, non puoi non apprezzare i Deep Purple, per carità. Sarebbe come non apprezzare la Cappella Sistina. Ma per suoni e storia ero più legato ad altri gruppi, meno duri ma più eclettici.
In ogni caso, la piazza era stracolma. Gente che fumava, gente che beveva, gente che pogava. Ma nessuno che piangeva.


Voglio dire, ero davanti ad uno dei gruppi che hanno fatto la STORIA del ventesimo secolo, gente che riempie le piazze da quasi CINQUANTANNI. Ed attorno a me c'era solo gente che godeva. Ragazzini come me non ancora maggiorenni, trentenni sotto LSD, gente di mezza età con cannoni lunghi 40 centimetri.
Vorrei tornare qui, tra 50 anni, a verificare se ancora qualcuno ricorda il nome di uno componente degli One Direction, dei Tokyo Hotel o dei Backstreet Boys. La musica è ormai un bene di consumo, con data di scadenza, un disco (virtuale) da ascoltare e dimenticare subito dopo, per passare ad altro.
Ogni volta che leggo le bio degli X-Japan mi vengono i brividi. Una carriera brevissima (appena 5 album), un lampo intensissimo nella scena rock mondiale che ci ha lasciato perle più emozionanti di mille brani di Justin Bieber.
I discografici fanno il loro lavoro, ma per me è molto più importante la musica che il personaggio. E solo quando lo capiranno anche loro, avremo meno meteore e più supernove.

Con un brivido ho iniziato e con un'altro finisco.